07-04-2016

Come funzionano le pensioni – Il sistema a ripartizione e quello a capitalizzazione

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Alla luce delle ultime dichiarazioni del presidente dell’Inps Tito Boeri si è riaperta la discussione sul sistema pensionistico italiano e sui diversi trattamenti riservati ai lavoratori a causa del susseguirsi di riforme messe in atto dai governi. Come fatto nelle scorse settimane per la politica monetaria europea credo sia quindi utile fare un po’ di chiarezza sulla materia, dare qualche definizione e ricapitolare quanto è stato fatto finora e quanto ci sarò ancora da fare.

La spesa previdenziale italiana nel 2015 ammontava a poco meno di 270 miliardi di euro, e crescerà a 276 per l’anno in corso, rappresentando il 16,8% del PIL. Della spesa pubblica per protezione sociale infatti la metà è destinata alla pensioni di vecchiaia ed un 10% alla reversibilità, dati decisamente superiori alla media europea dove i punti percentuali mancanti sono distribuiti in sussidi di disoccupazione e disabilità.

All’interno dello stato sociale la pensione è destinata a tre principali funzioni: assicurazioneprevidenza ed assistenza. Ovvero serve rispettivamente per: proteggere l’individuo dal peggioramento delle proprie condizioni reddituali al termine della vita lavorativa, garanzia del mantenimento di un tenore di vita commisurato a quello prepensionamento, garanzia di un reddito minimo per consentire condizioni di vita dignitose.

Risulta quindi palese che non tutti questi obiettivi, propri dello stato sociale, siano legati al versamento contributivo degli individui, e per questo nel nostro paese esistono diversi tipi di pensione: di anzianità, di reversibilità, sociale, d’invalidità e sussidio di disoccupazione.

Passando ora alla classificazione dei sistemi previdenziali scopriamo essi possono essere indicizzati in due modi: secondo modalità di finanziamento o secondo il criterio di determinazione della prestazione pensionistica. Oggi affronteremo la modalità di finanziamento, mentre la settimana prossima approfondiremo il secondo criterio.

A seconda della modalità di finanziamento dividiamo in sistemi a ripartizione, a capitalizzazione o misti. Nei sistemi a ripartizione i contributi versati dai lavoratori finanziano coloro che hanno diritto alla pensione in quel periodo ed è il modello tipicamente adottato dai sistemi pensionistici statali, ad esempio il nostro.

All’interno di un sistema a capitalizzazione invece i contributi versati sono reinvestiti nel mercato azionario e il capitale accumulato verrà restituito ai soggetti creditori una volta raggiunta l’età pensionabile, è tipico dei sistemi pensionistici privati come i fondi integrativi.

I due sistemi sono equivalente quando il tasso di interesse sul mercato azionario equivale al tasso di crescita dell’economia; questo perché il sistema a ripartizione, secondo una logica di patto intergenerazionale, sviluppa un rendimento interno pari al tasso di crescita dell’economia (derivato in questo caso dalla somma del tasso d’inflazione e del tasso di crescita demografica). Nel caso in cui il tasso di crescita economica superi il tasso d’interesse un sistema a ripartizione (pubblico) risulta più conveniente di un sistema a capitalizzazione (privato).

Tuttavia il primo ha un effetto distorsivo sull’economia del paese, infatti gli individui, dovendo finanziare altre persone, percepiscono la contribuzione come un prelievo forzato che riduce il reddito disponibile e così il risparmio individuale. La sostituzione di parte del risparmio privato con la contribuzione diminuisce il livello aggregato di accumulazione di capitale nell’economia, con effetti negativi sugli investimenti e quindi sulla crescita.

In un sistema a capitalizzazione invece i contributi versati andranno a pagare la pensione del medesimo individuo che non si sente defraudato ma li percepisce come una parte del proprio risparmio individuale, purché il livello di contribuzione sia inferiore a quanto egli risparmierebbe volontariamente. Inoltre il tasso di interesse al quale il capitale vinee investito è il medesimo quindi non vi è distorsione del livello aggregato di accumulazione.

Entrambi i sistemi sono comunque sottoposti a rischi, i sistemi pubblici soffrono i rischi demografici, macroeconomici e quindi politici mentre quelli privati sono minacciati da rischi finanziari, di longevità e di inflazione oltre ad avere in media costi amministrativi più elevati. Una soluzione può essere trovata nei sistemi misti che presentano una maggiore diversificazione dei rischi. Attualmente ad esempio il nostro sistema a ripartizione è in deficit poiché le entrate contributive risultano inferiori ai versamenti pensionistici e gli enti previdenziali necessitano di trasferimenti dallo Stato.



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